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Il sostantivo οινος,"vino" deriva dalla radice indoeuropea *uoin-, che ha dato come esito in latino vin-. Dal tema οιν- derivano il sostantivo οινη, "vite", οινοχόν , che indica la brocca usata per attingere il vino dal cratere, e οινοχόος, "coppiere". In italiano i sostantivi composti con il prefisso eno-, come enologo o enoteca, derivano da οινος, mentre vino, vendemmia e vigna derivano dal tema latino vin-.
Il territorio del Caucaso, dove sono nate le prime civiltà, fu il luogo in cui venne coltivata la vite per la prima volta, in particolare dai sumeri che erano efficienti produttori di vino; nonostante ciò, dobbiamo aspettare i Greci che con le loro colonizzazioni del Mediterraneo hanno esportato una vera e propria cultura di questa bevanda.
Nella vita quotidiana greca c’era un vero e proprio momento dedicato al vino, ovvero il simposio, durante il quale ci si dedicava a momenti conviviali intrecciati con giochi, conversazioni culturali e letteratura; il vino al tempo veniva conservato dai Greci all’interno di grandi giare di ceramica chiamate pithoi, mentre nell’Italia pre-romana il popolo etrusco era solito bere vino da coppe chiamate patere; l’arte e la tecnica etrusca furono assorbite ed elaborate dai conquistatori romani che si affidavano al dio Bacco, il corrispondente latino del dio greco Dioniso, prima di intraprendere la produzione del vino, oggetto di numerosi carmi dei più grandi poeti latini, quali Catullo ed Orazio. Le viti venivano coltivate in molte parti dell’impero, vennero catalogate per la prima volta nuove varietà di piante e nuovi tipi di vino dallo studioso Plinio il Vecchio. Al tempo dei Romani il vino si conservava nelle anfore e veniva consumato in un’occasione simile al simposio che per i Romani era il convivio, un momento più allegro e di festa, dove il tema centrale non era più il dibattito ma il vino stesso. Al momento del convivio il vino veniva travasato nei crateri e questo poi veniva versato in coppe che contenevano già dell'acqua: all'acqua veniva aggiunto un po'di vino per le sue proprietà antisettiche perché spesso l'acqua era contaminata e provocava infezioni intestinali. Al vino al tempo si davano dei valori: in primis come alimento, perché aveva proprietà nutritive, inoltre aveva anche un valore religioso e rituale molto forte, infatti per gli antichi la possibilità di bere era un modo per avvicinarsi alla divinità.
Con il Cristianesimo al vino viene dato un ulteriore significato religioso e simbolico, poiché rappresenta il sangue di Cristo, per questo durante tutto il Medioevo le viti saranno coltivate soprattutto nei monasteri e nei conventi, principalmente nei monasteri benedettini. Durante la messa il vino, in quanto sangue di Cristo, ancora una volta è simbolo di vita, oltre che di comunione con la divinità e addirittura veniva dato anche ai fedeli, soltanto dal 13 secolo in poi è riservato al sacerdote soltanto.
La nascita della stampa ha poi permesso di conservare e diffondere le tecniche elaborate dai monaci. Nel Rinascimento il vino diventò un elemento importante della cultura, era la bevanda bevuta dagli aristocratici e veniva rappresentata nelle opere d’arte degli artisti più importanti come Caravaggio, e verso la fine del Quattrocento con le scoperte geografiche, grazie allo spostamento degli uomini verso nuove terre, la cultura della vite venne esportata in molti altri luoghi del mondo: fino a quel momento il vino era stato incontrastato perché non c'era nessun’altra alternativa, l'unica era la birra che veniva prodotta nel Nord Europa. Col passare del tempo, gli strumenti per la produzione del vino diventarono sempre più sofisticati, per esempio nacquero le prime cantine padronali e nuovi mestieri: il vignaiolo, che si occupava di curare le vigne e l’enologo, esperto nella produzione dei vini.
Nel 1861 il grande scienziato Louis Pasteur dimostrò che la fermentazione alcolica era un fenomeno collegato alla vita, in quanto condotta dai lieviti, organismi viventi e unicellulari, che si sviluppano in assenza di ossigeno... Con questa scoperta nacquero la microbiologia e la moderna enologia, due discipline fondamentali che insieme alla viticoltura hanno dato un contributo determinante alla diffusione del vino di qualità nel mondo. Tuttavia dall’America arrivò un pericoloso parassita che distrusse la vitis vinifera europea. In seguito la fillossera, fu debellata grazie alla scoperta della resistenza al parassita delle viti americane, che tutt’oggi sono utilizzate come portinnesti delle vitis vinifere.
Negli ultimi 50 anni i progressi compiuti dall’Italia nel settore vinicolo sono stati straordinari, infatti oggi l’Italia è uno dei principali produttori al mondo di vini di altissima qualità, che si distinguono per la loro grande diversità, dovuto al vastissimo numero di varietà di coltivazioni di viti autoctone e dall’enorme variabilità degli areali di produzione. Bisogna ricordare infine che nonostante la sua milionaria e avventurosa storia, il vino rimane pur sempre una bevanda alcolica, quindi viene sempre consigliato un uso moderato.






In età arcaica il simposio si presenta come quella che oggi si definisce una "bevuta insieme", un evento privato che coinvolge un'εταιρεία, ossia un gruppo di uomini aristocratici con una comunanza di valori. Il simposio poteva svolgersi, a seconda dell'area geografica e delle circostanze, nell'ανδρών di una casa o di una reggia, oppure in un un accampamento o su una nave. All'interno del simposio il raggiungimento dell'ευφροσύνης, la "gioia", era garantito da tre importanti elementi: l'ησυχία, la "tranquillità" dell'incontro e la disposizione all'ascolto e al piacere, la μετριότης, la "moderazione", e l'ομόνοια, l'"uguaglianza" tra i partecipanti.
Il vino, dono di Dioniso, se mangiati non procura ebrezza ma può causare effetti straordinari, per questo motivo, nel simposio, il suo consumo era regolato da norme ben precise: se bevuto con moderazione poteva lenire la tristezza e favorire la complicità; se bevuto senza rispettare i limiti, poteva provocare ubriachezza e perdita del controllo. Il vino veniva bevuto diluito nell'acqua, poiché il consumo del vino puro era considerato barbarico.
Il simposio si svolgeva il diverse fasi. Dopo il δείπνον i servi preparavano la sala pulendo i resti della cena e imbandendo i tavolini davanti ai κλίναι. Successivamente i simposiasti, dopo essersi lavati le mani, si cingevano il capo con ghirlande di foglie di mirto o di vite, oppure con bende cosparse di unguenti profumati. I servi recavano il κρατήρ, il "cratere" (da κεράννυμι, "mescolare"), ossia il vaso nel quale venivano miscelati vino e acqua secondo le proporzioni scelte dal simposiarca. Da queste ultime e dalle dimensioni delle coppe, nelle quali era versato il vino, dipendeva il grado di ebbrezza che sarebbe stato raggiunto. Infine l'acqua veniva conservata in brocche. Prima dell'inizio vero e proprio, una coppa con del vino puro veniva fatta passare a tutti i partecipanti, che ne bevevano un sorso lasciando cadere poche gocce a terra. Successivamente si brindava a Zeus, agli eroi e a Zeus Sotèr e si intonava un canto di buon auspicio.

Sull'origine del vino, nell'antica Grecia erano riconosciute due tradizioni, la prima di origine tessalica e la seconda attica.
Nella tradizione tessalica l’origine del vino era collegata al ciclo mitologico di Eneo: Nicandro di Colofone affermava che il nome del vino, οινος, provenisse direttamente da Eneo (Οινεύς). Nel racconto più diffuso, Eneo ospitò Dioniso, il quale si invaghì di sua moglie, Altea. Nell’accorgersi di ciò, Eneo si allontanò permettendo quindi al dio di giacere con sua moglie. Per ricompensa Dioniso fece dono a Eneo della vite e gli insegnò a produrre il vino. La tradizione attica associa la scoperta del vino al ciclo mitologico di Icario. Seconod la tradizione, Dioniso fece dono della vite e del vino a Icario per ringraziarlo della sua ospitalità. Icario fece assaggiare il vino ai suoi contadini, che subito si ubriacarono. Ritenendo di essere stati avvelenati da Icario, lo uccisero. Quando in seguito si accorsero dell’errore che avevano fatto, nascosero il corpo di Icario e si diedero alla fuga. La figlia di Icario, Erigone e la sua cagna Maira, scoprirono dove era stato occultato il corpo del padre; affranta dal dolore Erigone si impiccò e anche la cagna la seguì in questo gesto suicida, gettandosi in un pozzo.