ALLA SCOPERTA DEL VINO

COME NASCE LA VITE?

Il viaggio alla scoperta dell’origine del vino inizia da molto, molto lontano. È necessario partire dal Caucaso dove, come testimoniano diversi fossili, 200 milioni di anni fa, sono comparse le prime vigne della storia del nostro Pianeta.

Ci spostiamo poi verso l’Asia minore, nel periodo del Neolitico, momento in cui l’uomo inizia a lavorare la terra e di conseguenza seleziona le piante più adatte alla coltivazione, tra cui la Vitis Vinifera Silvestris.

In particolare, nella zona della Mesopotamia vennero scoperte tracce di coltivazione della vite e anfore contenenti bevande derivanti dall’uva risalenti al periodo compreso tra il 5000 a.C. ed il 1000 a.C.; si pensa che in questa fase nasca la vinificazione vera e propria con la diffusione in tutto il Mediterraneo della Vitis Vinifera Sativa (forma addomesticata della Silvestris).

Un passo fondamentale per la diffusione del vino in Occidente avvenne grazie ai Fenici, che portano la vite in Grecia. Successivamente, la viticoltura fu ripresa anche dagli Etruschi e dai Romani.

COME NASCE IL VINO?

La nascita vera e propria del Vino, si deve probabilmente alla fermentazione spontanea dei succhi d’uva, in seguito trattati con procedure che sono state affinate di generazione in generazione anche grazie all’impatto che la bevanda ha avuto nel patrimonio culturale di alcuni popoli quali i Greci, i Romani o gli Etruschi.

 Ad esempio, nei territori ellenici, in seguito alle colonizzazioni dell’Italia Meridionale e durante lo sviluppo culturale del popolo greco, il vino ha assunto una dimensione importantissima in relazione al momento in cui esso veniva consumato, ovvero il Simposio.

Il termine deriva dal greco ed è composto dal prefisso syn- (con, insieme) con il verbo -pino (bevo).

L’etimologia del termine ci fa capire il carattere di convivialità, di condivisione che assume il Simposio nella società del tempo. Esso è un momento specifico della commensalità antica, ovvero la bevuta comune che segue il pasto e precede il momento della gioia e del piacere, inteso in tutti i suoi aspetti: erotico, filosofico, artistico etc.

Anche nel mondo italico, il vino rappresenta un elemento importante, tanto che i Romani sono considerati gli inventori dell’Enologia moderna, ovvero la scienza che si occupa dello studio della produzione del vino. Lucio Giunio Moderato Columella nel suo “De Re Rustica” ci tramanda una vasta trattazione in materia, a partire dalla viticoltura per arrivare a pratiche di cantina concettualmente valide anche ai nostri giorni. È chiaro, dunque, il fatto che all’epoca fossero già codificati gli elementi base per la scelta delle aree idonee alla coltivazione della vite e delle qualità di vite più o meno idonee alla coltivazione in determinate zone.

Anche gli Etruschi erano a conoscenza dei canoni della produzione del vino e infatti a questa popolazione è attribuita la paternità di un vino molto famoso nel territorio Campano, ovvero il Falerno del Massico.

Questo è un vino antichissimo, da sempre prodotto nell’Ager Falernus, alle pendici del Monte Massico nella provincia di Caserta. Secondo la leggenda descritta da Silio Italico nel suo poema “Punica”, la nascita del Falerno risalirebbe alla Seconda Guerra Punica, durante l’assedio di Capua.

Annibale e i suoi Cartaginesi stavano mettendo a ferro e fuoco la zona ma risparmiarono un podere lì vicino, coltivato da un contadino di nome Falernus.

In questo scenario apparve, sotto mentite spoglie, il Dio Bacco che andò in persona a visitare l’uomo, il quale, pur ignaro dell’identità del suo ospite, gli offrì generosamente latte e cibo nonostante l’imperversare della guerra. Per ringraziarlo del gesto, il Dio trasformò tutto il podere in una lussureggiante vigna dalla quale sarebbe nato il vino Falerno.

Al di là del mito, quel che è certo è che effettivamente il Falerno fosse il vino più pregiato di quel periodo.

Con l’avvento del Medioevo, tecniche e produzione vennero meno ma, grazie alle bonifiche ed all’attenzione che i Borbone dedicarono all’agricoltura, il Falerno ritrovò luce con rinnovate tecnologie di allevamento e la sua fama ritornò ad affascinare il mondo.

Negli anni bui del Medioevo, non ci sono state o perlomeno non ci sono pervenute sostanziali prove di progressi tecnici dal punto di vista agronomico ed enologico, ma la coltivazione della vite e la produzione del vino si è tramandata soprattutto grazie al fatto che questo assieme al pane, rappresentava e non solo simbolicamente, uno dei principali alimenti per le popolazioni dell’epoca. Il suo impiego nei riti Cristiani e l’opera di riscrittura degli antichi trattati da parte dei monaci hanno fatto sì che i principi dell’enologia e della coltivazione della vite venissero tramandati fino al Rinascimento.

Il 1800 segna la nascita dell’agricoltura industrializzata e porta notevoli progressi anche in campo enologico, ma avvengono anche alcuni imprevisti.

Infatti, alla fine del XIX secolo la Filossera causò una diffusa distruzione delle viti, da cui la vita e produzione di vino dipendeva in larga parte; le ripercussioni furono di vasta portata e compresero la perdita di molte varietà indigene. Le lezioni apprese dall'infestazione portarono alla trasformazione positiva dell'industria vinicola del vecchio continente; i vigneti difettosi vennero sradicati e le loro terre si trasformarono per usi migliori.

Furono anche standardizzate le cuvée, importanti nella creazione di alcuni vitigni così come sono conosciuti ai giorni nostri; Champagne e Bordeaux finalmente raggiunsero i mix di uva che ora li definiscono. Nella penisola balcanica, dove la Filossera aveva avuto un ben scarso impatto, le varietà locali sono riuscite a sopravvivere; tuttavia l'irregolare transizione dall'occupazione da parte dell'impero ottomano ha significato la graduale trasformazione di molti vigneti locali. È solo in tempi recenti che le specie locali hanno ottenuto il loro giusto riconoscimento oltre i mercati di massa, com'è accaduto con vini come il Retsina.

La fine del XX secolo è stata caratterizzata dalla concorrenza dei paesi tradizionalmente esportatori (Francia e Italia) i quali hanno favorito i propri vini locali e dai paesi del mondo anglosassone, orientati piuttosto in direzione dei vini mono-varietà (chiamati anche vini tecnologici).

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